La Logica dei Dazi
I dazi e le tariffe doganali di Trump sono una pazzia completa, o c’è una logica di fondo?
Dato che in questo periodo si torna a parlare dei dazi di Trump, vorrei condividere con i lettori di samma una riflessione da economista.
Che senso ha avere un magazine online, se non posso usarlo per stimolare idee, provocare ragionamenti, e proporre analisi che aiutino ciascuno a farsi una propria opinione?
Quando invece nei media, specialmente in Italia e a San Marino, vige il pensiero binario: o sei completamente pro, o sei completamente contro. O qualcosa è il bene, o è il male assoluto. O è bianco, o è nero.
Ma come dico sempre: la verità vive nelle sfumature.
Ogni decisione comporta dei pro e dei contro. E il nostro compito - da cittadini, lettori, persone pensanti - è saperli analizzare.
I dazi (o tariffe, chiamatele come volete) non fanno eccezione.
Funzionano, ma...
Chi sostiene i dazi parte da un ragionamento semplice, quasi scolastico: se aggiungo un costo alle merci importate dall’estero, queste diventano meno competitive.
Risultato? Le aziende locali (o multinazionali) hanno un incentivo a produrre direttamente nel Paese, evitando il dazio.
Questo ragionamento non è nuovo: è stato applicato nella seconda metà dell’800 in diversi Paesi, e sì, funziona.
Io stesso, avendo lavorato in una multinazionale, ho visto con i miei occhi decisioni aziendali prese per spostare la produzione dall’Asia ad altri Paesi, proprio per evitare dazi.
...ma fanno salire i prezzi
I critici però hanno una buona contro-argomentazione: i dazi aumentano i prezzi per i consumatori (la famosa inflazione).
Perché se importare una sedia cinese costa il 20% in più, anche quella prodotta localmente aumenterà di prezzo (magari non del 20%, ma comunque si allinea verso l’alto).
E qui apro una parentesi che, se volete approfondire, ho già affrontato su questo speciale per NOMAG (in inglese): ogni scusa è buona per aumentare i prezzi. Le aziende - fidatevi - non se la lasciano scappare.
Quindi sì, i dazi possono aumentare i costi per i cittadini. Ma non è automatico. Succede principalmente quando chi è “avvantaggiato” ne approfitta.
La vera logica nascosta
Redistribuire il carico fiscale: dalle imposte sul reddito, ai dazi
Sotto la superficie economica, specialmente nel caso americano, c’è una logica ancora più profonda dietro la reintroduzione dei dazi.
La vera strategia - elaborata da personalità come Robert Bessent e Dan Miran, vicini al mondo Trump - è quella di trasferire parte delle entrate dello Stato dalla tassazione sul reddito ai dazi.
E perché farlo?
Il mercato del lavoro sta cambiando.
Con l’adozione sempre più rapida dell’AI, molte aziende tech (Microsoft, Salesforce…) hanno cominciato a licenziare interi reparti, automatizzando processi che prima richiedevano decine o centinaia di persone.
L’effetto netto? Più tecnologia non significa più lavoro. Anzi. L’AI potrebbe ridurre stabilmente il tasso di partecipazione al lavoro.
E allora, se in futuro ci saranno meno lavoratori attivi, meno stipendi, meno entrate fiscali… come farà lo Stato a sostenersi?
Una delle risposte potrebbe essere proprio questa: meno tasse sul reddito, più entrate indirette (come i dazi).
E San Marino?
Ovviamente, San Marino non è gli Stati Uniti.
Non abbiamo ancora aziende che implementano AI su scala industriale.
E non abbiamo nemmeno una struttura economica (o politica) capace di introdurre dazi su larga scala. Anche perché, come abbiamo già discusso, la “leva” politica ed economica di uno Stato piccolo è molto limitata.
Ma il tema è rilevante anche qui.
Se nei prossimi anni l’adozione dell’intelligenza artificiale porterà a una riduzione delle entrate fiscali (meno lavoro → meno contributi → meno gettito), allora anche San Marino dovrà chiedersi come compensare queste perdite.
Non avremo dazi, ma dovremo trovare nuove forme di entrata. E per farlo servirà visione, preparazione e... sì, magari un po’ di ispirazione da chi si sta già muovendo in questa direzione.